Appello Aemilia, confermate condanne anche per minacce a giornalisti. Fnsi e Aser: «Continueremo a vigilare contro intimidazioni e bavagli»

La Corte di Appello di Bologna ha aderito, interamente, all’impianto della Procura di Bologna, confermando la sentenza di primo grado emessa dal Gup Francesca Zavaglia che aveva deciso le sorti di molti imputati dell’operazione Aemilia che avevano scelto il rito abbreviato.
La Corte di Appello ha dunque confermato la parte più importante dell’impianto accusatorio, e cioè l’esistenza dell’associazione a delinquere di stampo ‘ndranghetistico. Peraltro la condanna del senatore Pagliari, assolto in primo grado, aggrava ulteriormente il quadro ipotizzato circa le infiltrazioni dell’associazione criminale e soprattutto i suoi “rapporti” con il potere politico regionale.
«La sentenza della Corte di Appello di Bologna, nell’aderire all’impianto accusatorio della procura della Repubblica di Bologna, confermando la sentenza di primo grado, segna un punto di notevole importanza laddove conferma l’esistenza di un sodalizio criminale di matrice mafiosa, circostanza sempre negata dalle difese degli imputati», commenta l’avvocato Valerio Vartolo che ha assistito il Sindacato dei giornalisti dell’Emilia-Romagna costituitosi parte civile nel processo a fianco dei giornalisti minacciati Sabrina Pignedoli del Resto del Carlino e Gabriele Franzini di TeleReggio.
«Inoltre, esprimo soddisfazione per i risarcimenti ottenuti dall’Assostampa emiliana e dall’Ordine dei giornalisti, che hanno difeso in aula il valore di una stampa libera e al servizio della pubblica opinione», conclude Vartolo.
«È preciso dovere del nostro sindacato essere sempre al fianco dei colleghi che subiscono minacce e tentativi di intimidazione – dicono il segretario generale il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, e la presidente dell’Aser Serena Bersani –. Continueremo a fare da “scorta mediatica”  a questi colleghi e a essere sentinelle sul territorio, a maggior ragione ora che la magistratura ha sancito l’esistenza di un tessuto criminale infiltratosi in profondità anche in una regione per troppo tempo ritenuta esente».

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