Bilancio dell’anno 2017, la relazione della presidente Serena Bersani
ringraziandovi per essere presenti a questo appuntamento annuale di bilancio dei conti e dell’attività sindacale dell’Aser, vi propongo subito un dato che mi ha molto colpito. Dopo molti anni la situazione numerica degli iscritti al Sindacato in Emilia-Romagna è scesa sotto quota mille. Non si tratta di un dato di per sé particolarmente preoccupante, ma certo è un indicatore della profonda crisi – soprattutto occupazionale – in cui continua a versare la categoria. Si tratta di un trend discendente che già avevamo notato negli anni passati, ma il passaggio dalle quattro alle tre cifre a me fa una certa impressione.
Gli iscritti all’Aser erano 1.043 nel 2014, 1.038 nel 2015, 1.009 nel 2016. Al 31 dicembre 2017 risultano essere 961: una diminuzione di 46 unità in un anno, 82 in quattro anni. Il numero dei nuovi iscritti si mantiene costante, ma continua a scendere il numero dei contrattualizzati, che sono oggi 391, mentre un anno fa erano 411 e quattro anni fa 439. Non è possibile fare un semplice calcolo aritmetico, ma questi dati fanno supporre che tra il 2014 e il 2017 si sia perduta una cinquantina di posti di lavoro. Un’altra osservazione che viene da fare è che, a fronte dei tanti pensionamenti e prepensionamenti degli ultimi anni, il numero dei pensionati iscritti all’Aser sia rimasto invariato: erano 175 lo scorso anno e lo stesso numero sono oggi. Ciò fa pensare, e me ne dà periodicamente conferma il presidente dell’Ungp, che una volta raggiunto il sudato traguardo i colleghi non abbiano più interesse a rimanere iscritti al Sindacato, che pure si occupa anche della tutela delle pensioni. Dispiace, ma è un dato di fatto.
Il bilancio di quest’anno, con un utile di oltre 35.000 euro, è invece in ulteriore attivo rispetto al 2016 anche se, come sottolinea sempre il tesoriere Paolo Maria Amadasi, che ringrazio per il lavoro certosino che fa su ogni voce, la prudenza di questi tempi non è mai troppa. Voglio sottolineare che la realizzazione del bilancio è frutto dell’impegno di tutto il direttivo; ciascuno ha collaborato, secondo le proprie conoscenze, dando suggerimenti sugli investimenti e per continuare la spending review iniziata lo scorso anno. Ma nel dettaglio il bilancio verrà illustrato dal tesoriere.
La professione giornalistica è sempre più frammentata, direi polverizzata. Resistono i grandi gruppi, anche grazie a fusioni e accorpamenti; tutti i piccoli soffrono. La maggior parte dei giornalisti non sono contrattualizzati e quindi non hanno un unico committente, a volte neanche un unico lavoro. Non credo che questo sia un bene per la professione.
La situazione editoriale in Emilia-Romagna rispecchia le tendenze nazionali con crisi, specie nelle televisioni, in alcuni casi davvero molto preoccupanti.
Il comparto dell’emittenza radiotelevisiva locale – seguito con grande perizia e conoscenza dal vice presidente Giorgio Maria Leone – è alle prese con una crisi strutturale di lungo periodo. Per ragioni storiche il settore in Italia ha registrato un’espansione incompatibile col mercato della pubblicità locale. A differenza di quanto accaduto nel resto d’Europa, negli anni Settanta il Parlamento ha tardato a riconoscere la legittimità delle radiotelevisioni private. Questa condizione ha pesantemente disincentivato gli investimenti nel settore che, di fatto, non ha attratto editori o gruppi industriali di adeguata capacità finanziaria perché quest’ambito veniva considerato a rischio elevato. Le imprese sono rimaste di piccole dimensioni e le testate troppo numerose, in una condizione di non sostenibilità rispetto al mercato della pubblicità locale.
I contributi pubblici degli anni successivi con la legge 448, pur indispensabili per la sopravvivenza delle emittenti, sono stati erogati a pioggia, sulla base di graduatorie regionali, determinando un’ulteriore proliferazione delle società e delle testate radiotelevisive locali, almeno dieci volte superiore rispetto a quanto avvenuto negli altri paesi europei, dove il comparto ha invece raggiunto, molto presto, una condizione di equilibrio, con imprese ben strutturate, di medie dimensioni e con posti di lavoro regolari e stabili.
Nei primi anni duemila il contratto Fnsi-Aeranti-Corallo, con l’applicazione di minimi retributivi molto contenuti, ci ha permesso di fare emergere il lavoro nero o irregolare che caratterizzava il settore, dove i colleghi erano inquadrati prevalentemente nel commercio e solo di rado veniva applicato il contratto principale giornalistico Fnsi-Fieg. Con l’ultimo rinnovo contrattuale la Federazione Nazionale della Stampa ha ottenuto cento euro lordi al mese di aumento, dei quali 50 dal mese di maggio 2017 e altri 50 saranno erogati a partire da maggio 2018. Se si considera che siamo al nono anno di crisi economica, si tratta di un risultato non scontato, frutto dell’impegno del segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso e della responsabile del contratto Fnsi-Aeranti-Corallo Daniela Scano.
Lo switch-off nel 2010 col passaggio al digitale terrestre ha rappresentato un momento particolarmente difficile per le emittenti televisive che hanno dovuto sostenere rilevanti investimenti tecnologici che di rado hanno determinato economie di scala, sinergie tra emittenti e diminuzione di costi di trasmissione. Gran parte delle emittenti ha mantenuto il doppio ruolo di fornitore di contenuti e di operatore di rete. Il digitale ha determinato un’ulteriore moltiplicazione dei programmi in chiaro penalizzando in molti casi gli introiti dalla raccolta pubblicitaria. Un decennio di televendite ha ulteriormente impoverito gli ascolti.
In Emilia-Romagna la crisi più grave ha colpito il gruppo televisivo che fa capo all’imprenditore Flavio Bighinati con tre marchi storici, Telesanterno, Telecentro e Telestense. Tre anni fa si sono registrati i primi ritardi nel pagamento delle retribuzioni. L’lcn di Telecentro è stato ceduto all’emittente TV Qui dell’imprenditore Gianpiero Samorì e i dipendenti sono stati spostati su Telesanterno dove oggi siamo a dieci mensilità non pagate, cinque a Telestense di Ferrara.
Giornalisti, tecnici e amministrativi hanno affidato alle rappresentanze sindacali un pacchetto di 80 ore di sciopero con l’apertura di un tavolo di salvaguardia presso l’assessorato alle Attività produttive della Regione Emilia-Romagna. Le parti sono riconvocate per il 5 aprile. L’azienda dovrà presentare un piano industriale credibile con adeguate risorse finanziarie. Molti dipendenti hanno dovuto ricorrere alle dimissioni per giusta causa. Dopo le ultime uscite sono rimasti 14 dipendenti a Telesanterno e 15 a Telestense. I colleghi hanno dovuto procedere coi decreti ingiuntivi e i pignoramenti. Solo pochi anni fa la realtà bolognese contava una sessantina di dipendenti e collaboratori.
Sul versante modenese il 12 luglio dello scorso anno il Tribunale ha dichiarato fallita Telestudio, il 16 marzo sono andate all’asta le attrezzature. In Romagna a Videoregione i giornalisti non hanno ricevuto le ultime cinque mensilità, dopo che la redazione è stata svuotata negli ultimi anni perché l’editore Tampellini, per una serie di errori procedurali e di contenziosi, ha portato l’emittente fuori dai requisiti per l’accesso al contributo pubblico.
A Rete 7 l’imprenditore cremonese Simone Baronio ha dato disdetta dei due contratti integrativi riguardanti i giornalisti e il personale tecnico-amministrativo. Siamo in trattativa per definire una nuova contrattazione aziendale.
A Sestarete, dopo la positiva applicazione a tutti i giornalisti del contratto Fnsi-Aeranti-Corallo, l’informazione è stata potenziata con due edizioni quotidiane, sette giorni su sette, in linea con le previsioni normative.
La realtà editoriale più consolidata e in crescita è rappresentata dal Gruppo TRMedia che fa capo a Coop Alleanza 3.0 e comprende le testate Trc, con redazioni a Modena e Bologna, e Telereggio. Complessivamente il gruppo occupa oltre 70 dipendenti. Siamo in trattativa per il rinnovo del contratto integrativo che viene applicato in ultravigenza. Infine Tv Parma ha incorporato Dodici srl cui fa capo Teleducato.
Il 2018 dovrà rappresentare un anno di svolta per il settore con l’entrata in vigore del nuovo regolamento per l’erogazione dei contributi pubblici che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 ottobre ed ha sostituito la vecchia legge n.448/98. L’intento del Legislatore è quello di ristrutturare il settore, destinatario di rilevanti aiuti di Stato che non saranno più erogati a pioggia e su base regionale, ma attraverso nuove graduatorie nazionali che premieranno le imprese che garantiscono maggiore occupazione, che assumono, stabilizzano o fanno incorporazioni, tenendo conto anche degli ascolti Auditel e degli investimenti tecnologici. La nuova regolamentazione si propone anche di accelerare i tempi di erogazione del contributo ed in fase di prima attuazione, nell’arco del 2018, le emittenti incasseranno tre annualità.
L’obiettivo della nuova normativa è quello di avvicinare progressivamente lo scenario italiano a quello tedesco o francese, con un numero minore di società che avranno una maggiore dimensione occupazionale ed economica.
La preoccupazione che il Sindacato ha espresso in ogni sede istituzionale è che la ristrutturazione del settore avvenga in modo non traumatico. Il settore non dispone infatti di adeguati ammortizzatori sociali: il Fondo di integrazione salariale, che ha sostituito la Cassa integrazione in deroga, non è di fatto operativo per i giornalisti e, secondo quanto ci ha confermato il nostro ente previdenziale, l’Inps non ha ancora attivato la necessaria procedura per trasferire i contributi figurativi all’Inpgi. Dal regolamento, inoltre, il Parlamento ha purtroppo rimosso quello che per le organizzazioni sindacali era un passaggio fondamentale, presente nelle prime bozze, riguardante l’obbligo delle parti datoriali di ottemperare non solo alla regolarità contributiva, ma anche quella retributiva come condizione necessaria per ottenere l’effettiva erogazione dei contributi pubblici. L’appello alla politica è che questa norma elementare di civiltà venga inserita quanto prima.
Il settore registra ancora quote significative di lavoro irregolare in particolare nell’utilizzo dei co.co.co. che, in alcuni casi, sono di fatto dei veri e propri subordinati impiegati in mansioni di conduzione o di line, addirittura in alcuni casi retribuiti irregolarmente con la cessione del diritto d’autore.
Laddove i rapporti di collaborazione coordinata continuativa sono veri e non mascherano lavoro subordinato, ricordo che Fnsi ed Aeranti-Corallo hanno rinnovato il regolamento per la disciplina di quei contratti. All’articolo 3 viene definito il compenso minimo nella misura di almeno tremila euro l’anno per sei prestazioni al mese, ovvero 41 euro e 66 centesimi a servizio. Per un numero di prestazioni superiore il compenso va definito proporzionalmente.
All’Ansa è stato fatto un accordo di cassa integrazione al 4,6 per cento su base verticale e mensile fino al 31 dicembre 2018 finalizzata a un massimo di 60 prepensionamenti su 313 giornalisti. A Bologna se ne sono già andati i due vice caporedattori. Le reintegrazioni dovrebero essere 2 a 3 nelle realtà piccole come Bologna.
Il 2 agosto scorso è fallita Prima Pagina Modena. I colleghi non hanno voluto la cigs preferendo passare direttamente alla disoccupazione, convinti di potersi rioccupare subito. Il costruttore proprietario del giornale non ha pagato le ultime mensilità e il tfr. I colleghi hanno fatto insinuazione al passivo e ricorso al Fondo di garanzia dell’Inpgi.
Alla Conti Editore c’è stato il trasferimento della redazione a Roma, che ha comportato una serie di uscite incentivate. E’ stato aperto un tavolo di crisi alla Città Metropolitana, che si è prodigata con numerosi incontri per trovare una soluzione. Chi ha accettato il trasferimento ha ottenuto una cifra ritenuta congrua dai colleghi. Due colleghi con la 104 hanno ottenuto di andare in pensione di invalidità. Uno dei due, purtroppo, è deceduto poco dopo.
Anche la storica testata Stadio, che appartiene allo stesso gruppo editoriale, ha chiuso la redazione bolognese e trasferito i pochi colleghi rimasti a Roma. In realtà ha accettato il trasferimento solo il capo redattore, gli altri due redattori hanno ottenuto un’uscita incentivata e un contratto di collaborazione.
Il Corriere di Bologna ha fatto alcune giornate di sciopero per ottenere la stabilizzazione di tre colleghi, che però l’azienda non ha concesso. In compenso il giudice del Lavoro ha reintegrato una collega con una sentenza che le ha dato pienamente ragione e che, a parer nostro, è davvero esemplare.
Dopo una fusione per incorporazione è stato raggiunto un accordo per la riorganizzazione del gruppo Gedi che comprende tutte le Gazzette Finegil e la Stampa. La sede principale è a Torino, le Gazzette hanno ognuna la propria sede, più l’Agl che ha sede a Roma con 13 dipendenti.
Al gruppo Riffeser invece sono stati violati gli accordi sottoscritti e la proprietà, la settimana scorsa, ha proceduto all’accorpamento di edizioni senza intavolare alcuna discussione con il cdr. Per questo abbiamo ravvisato un comportamento antisindacale e dato mandato ai nostri legali di ricorrere ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori.
Anche nel settore degli uffici stampa c’è molta preoccupazione. Il governo ha impugnato la legge del Lazio davanti alla Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi entro quest’anno. La preoccupazione nasce dal fatto che la Corte potrebbe decidere che nella Pubblica Amministrazione non si applica il Clng. I colleghi della Regione sono giustamente in allarme, anche perché una serie di norme applicano il Cnlg ma con un inciso: “In attesa di nuova regolamentazione”. Si sta valutando anche con i legli come muoversi. L’ideale sarebbe che il governo, attraverso un’apposita legge, prevedesse che i contratti giornalistici nella PA restino fino ad esaurimento. Chi invece nella PA non ha il contratto giornalistico spera nell’accordo con l’Aran.
Per quanto riguarda i collaboratori, ci sono già stati alcuni incontri a Piacenza, dove Libertà ha una quarantina di posizioni Inpgi2 che non hanno nemmeno un contratto scritto, non viene rispettato l’equo compenso e tra di loro ci sono, di fatto, alcuni giornalisti dipendenti se si guarda all’intensità della collaborazione. Bisogna interloquire con i cdr e convincerli a partecipare a trattative per portare i collaboratori almeno all’equo compenso e al rimborso spese
Qualche dato sul sito aser.bo.it
Le visite al sito
Ogni settimana si registrano oltre 500 visite, ancora in crescita rispetto allo scorso anno. Il dato registra alcuni picchi in occasione dei periodi di maggior dibattito, legato al processo Aemilia, alle elezioni dell’Ordine o alle tanti crisi aziendali che hanno visto impegnata l’Aser in prima fila.
Il sito conferma la propria vocazione di servizio nell’analisi delle pagine più visitate: nell’ultimo anno è stata la sezione dedicata alle carte deontologiche quella più cliccata. Particolarmente gradita poi quella che raccoglie i moduli per l’iscrizione all’Aser: dalla sua creazione cinque anni fa, i moduli sono stati scaricati oltre 2000 volte.
Aggiornamenti
Sono stati oltre 150 gli articoli inseriti nel corso degli ultimi 12 mesi, a cui vanno aggiunti gli aggiornamenti di notizie già inserite e una continua attività di verifica delle pagine con indirizzi, moduli, nomi, grazie anche alla collaborazione della Segreteria Aser.
InformASER
Anche quest’anno sono proseguiti gli invii di “InformASER” a circa 800 colleghi: il numero degli iscritti è stabile, in perfetto bilancio tra nuove iscrizioni e cancellazioni.
Collegamenti con altri siti
Nel 2017, complice la nuova attività del sito Fnsi, si sono moltiplicate le notizie rilanciate da Aser al pubblico nazionale. Prosegue poi l’attività di scambio con il Gruppo Giornalisti Uffici Stampa Emilia-Romagna. Oltre allo scambio reciproco dei link agli elenchi delle notizie, durante l’anno sono state diverse le segnalazioni di bandi non corretti, a cui sono seguiti interventi da parte di Aser.
Grazie, infine, a tutti voi per la pazienza e l’attenzione.