Bologna, scoperta una lapide in memoria di Graziella Fava. Morì nell’attentato all’Associazione stampa

L’assalto di tre terroristi contro la sede bolognese del sindacato dei giornalisti. L’incendio appiccato con una bomba al fosforo per distruggere e per uccidere, con l’impiegato dell’Associazione della Stampa Emilia-Romagna e un’altra persona che si trovava negli uffici rinchiusi in un ripostiglio. Le fiamme che si propagano nel palazzo, i vigili del fuoco che riescono a portare in salvo dai tetti i due sequestrati e la signora che viveva al piano di sopra con la madre inferma. Con loro ad aiutare per salvare l’anziana, anche una collaboratrice domestica, di 49 anni, che però fu travolta dalle esalazioni. Era il 13 marzo del 1979 quando Graziella Fava perse la vita per colpa di un gesto vile, compiuto per colpire la libertà di stampa e la democrazia, rivendicato dalla sigla “Gatti selvaggi”, ma che resta a tutt’oggi impunito.

 

I giornalisti, che erano il bersaglio di quell’attacco, non hanno mai dimenticato. L’auspicio  –  espresso durante la commemorazione dello scorso anno da Associazione Stampa e Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, dal figlio di Graziella, Emilio Baravelli, e dai rappresentanti di Comune di Bologna e Regione Emilia-Romagna –  di poter collocare una lapide in suo ricordo proprio nel luogo in cui l’atto criminoso era stato compiuto, si è realizzato. Oggi  – 13 marzo 2024 – in via San Giorgio 6, a Bologna, durante l’appuntamento annuale per ricordare Graziella Fava è stata scoperta una lapide posta in sua memoria, grazie al contributo del Comune di Bologna e con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna. Alla commemorazione erano presenti il figlio e la nipote di Graziella Fava, Emilio e Graziella Baravelli (nata pochi mesi dopo l’attentato), il presidente dell’Aser, Paolo Maria Amadasi, il presidente regionale dell’Ordine dei Giornalisti, Silvestro Ramunno, il sottosegretario della Presidenza di giunta della Regione Emilia-Romagna, Davide Baruffi, e per il sindaco di Bologna, l’assessore a Comunicazione e innovazione digitale Massimo Bugani, che ha svelato la lapide. Sono intervenute anche rappresentanze di prefettura, esercito, polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, polizia locale.

Paolo Maria Amadasi ha sottolineato l’importanza della memoria di Graziella Fava e auspicato che Bologna si liberi dalla macchia di un delitto impunito: “Chi sa, parli! Nessuno vuole vendette – ha specificato – ma è giusto per la città, per il sindacato della stampa, per i giornalisti e ancor più per la famiglia che siano  individuati gli autori di quel gesto efferato, che fu accompagnato dal lancio di bombe carta contro le abitazioni di due cronisti”.

Per Silvestro Ramunno, con la scopertura della lapide si sta chiudendo un cerchio, che sarebbe completo con l’accertamento della verità su quei fatti. “La memoria ha bisogno di parole ma anche di cose che restano. Con questa lapide consegniamo simbolicamente alla città l’impegno per la memoria di una vittima innocente del terrorismo. I terroristi volevano colpire la libertà di stampa. Un patrimonio di tutti, non solo dei giornalisti”.
Nella foto, da sinistra, Emilio Baravelli, Paolo Maria Amadasi, Massimo Bugani, Silvestro Ramunno, Davide Baruffi. La foto di gruppo è di Giorgio Bianchi (Comune di Bologna)

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