Cassazione: no al carcere per i giornalisti. Accolto ricorso della Voce di Romagna

Niente carcere per i giornalisti quando commettono diffamazione, reato che deve essere punito – a meno che non ricorrano “circostanze eccezionali”, tipo ‘macchina del fango’ – solo con una multa, come esige dall’Italia la Corte europea dei diritti umani. Lo chiede la Cassazione, con tutta la sua autorevolezza. Tra l’altro, la categoria – che deve poter svolgere liberamente il ruolo di “cane da guardia”, proseguono gli ‘ermellini’ – è, in questo momento, “sotto attacco ingiustificato da parte di movimenti politici”. La mente corre al blog di Beppe Grillo che spesso ha inveito e aizzato contro i lavoratori dei media. L’esortazione alla magistratura è
suffragata dal rilievo che il Parlamento intende riformare le sanzioni per gli illeciti professionali a mezzo stampa commessi tramite notizie infondate o, peggio, costruite a tavolino.
Sulla scia di questi principi di diritto – dai quali sono state tratte varie massime giurisprudenziali – la Suprema Corte, con la sentenza 12203 della Terza sezione penale (presidente Gennaro Marasca, relatore Grazia Lapalorcia) ha accolto il ricorso del direttore del quotidiano ‘La Voce di Romagna’ e di un cronista della stessa testata, che erano stati condannati a sei mesi di reclusione – sospesi dalla condizionale – per un articolo pubblicato l’11 marzo 2006. Si trattava di un pezzo nel quale si dava notizia di due militari, dei quali non veniva nemmeno fatto il nome, ma si fornivano solo le iniziali, indagati per furto ai danni di un commilitone dopo il ritrovamento nei loro armadietti di parte della refurtiva.
Invece pare si trattasse solo di “materiale di interesse per le indagini, poi non riconosciuto dal derubato”. Nonostante – come ha riconosciuto la Cassazione – non si fosse trattato di una diffamazione grave, il Tribunale di Cremona, nel novembre 2010, non ci era andato leggero condannando i giornalisti al carcere (non si conosce l’entità della pena di partenza) e al risarcimento delle parti lese. In appello, la Corte di Brescia, il 21 gennaio 2013, aveva ridimensionato la condanna portandola a sei mesi e aveva limato il risarcimento (anche questo di entità non specificata).
Su ricorso degli imputati, la Cassazione ha sconfessato i giudici di merito. “A contrastare l’applicabilità al caso di specie della pena detentiva, c’è l’orientamento della Corte Edu che – spiega il verdetto – esige la ricorrenza di circostanze eccezionali per l’irrogazione della più severa sanzione, sia pure condizionalmente sospesa”. “Altrimenti – prosegue l’Alta Corte – non sarebbe assicurato il ruolo di ‘cane da guardia’ dei giornalisti, il cui compito è comunicare informazioni su questioni di interesse generale e conseguentemente di assicurare il diritto del pubblico di riceverle”.
Infine, gli ‘ermellinì osservano che non ricorrono gli estremi della gravità del fatto data anche la “cautela” usata scrivendo solo le iniziali dei militari e “così evitando di dare in pasto ai lettori il loro nome completo”. E non ha nessun peso la circostanza che, successivamente, il quotidiano romagnolo non abbia dato notizia dell’archiviazione dell’inchiesta sui militari in quanto si tratta di un fatto successivo “inidoneo a riverberare i propri effetti sulla valutazione dell’entità del fatto”. Ora un’altra sezione della Corte di Appello di Brescia, dovrà rideterminare – sotto forma di multa – la pena per gli imputati. Le statuizioni civili rimarranno invece invariate.

Siddi:  no Carcere da Cassazione monito urgente a Parlamento

“La sentenza della Corte di Cassazione che esclude il carcere per i giornalisti nei casi di diffamazione, salvo “circostanze eccezionali”, pone la giurisprudenza italiana nettamente più avanti rispetto alla legislazione vigente. Oltre a definire una causa specifica giunta al suo vaglio finale, la Suprema pone oggi, di fatto, il legislatore di fronte all’esigenza di un immediato cambiamento delle norme in vigore, cui, peraltro, lo aveva già richiamato il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, essendo il nostro Paese stato messo in mora anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
La legge di riforma di diffamazione a mezzo stampa deve essere perciò, a giudizio della Fnsi, rapidamente approvata dal Parlamento. C’è un testo, già licenziato dalla Camera che va in linea, limitatamente all’abolizione del carcere, che potrebbe essere approvata utilmente in tempi brevi su questo punto. Naturalmente, mentre si chiede questa deliberazione, resta in piedi l’esigenza di una riforma complessiva a sostegno del diritto di cronaca e della responsabilità dell’informazione che, comunque, con successivo processo legislativo, in pochi mesi può e deve essere varata.
Certamente quanto scritto nella sentenza della Corte di Cassazione deve essere tenuto bene a mente da tutti i poteri e soprattutto da quanti ritengono, di dover introdurre, addirittura per via amministrativa, limitazioni e censure preventive all’attività giornalistica. Nessun giustificato attacco all’insostituibile funzione della stampa potrebbe essere accettato e sarà sempre respinto con fermezza dai giornalisti e dal loro sindacato, la Fnsi. Vale la pena di ricordare infatti, che la Corte di Cassazione ha rilevato l’estremo significato per la libertà di espressione che si garantisce con la tutela costituzionale del diritto/dovere dell’informazione. Per questo, “anche laddove siano valicati i diritti di cronaca e/o di critica” occorre sempre “tener conto, nella valutazione della condotta del giornalista, dell’insostituibile funzione informativa esercitata dalla categoria di appartenenza, tra l’altro attualmente oggetto di gravi e ingiustificati attacchi da parte di movimenti politici proprio al fine di limitare tale funzione.”

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