Collaboratrice del Corriere di Bologna reintegrata dal giudice ex art. 1

Una sentenza importante, che dimostra come il ricorso al giudice dopo anni di precariato possa dare esito positivo. Il giudice unico di Bologna Carlo Sorgi ha ritenuto ritorsivo il licenziamento di una collaboratrice storica del Corriere di Bologna e ne ha disposto il reintegro ex articolo 1 del Contratto di lavoro giornalistico con la condanna della società RCS al pagamento di una indennità commisurata alle retribuzioni dovute dal momento del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione e al versamento in favore dell’INPGI dei relativi contributi assistenziali e previdenziali dovuti, con interessi legali e rivalutazione monetaria. Il giudice ha altresì condannato RCS al pagamento delle spese legali della ricorrente.

La collega, assistita dall’avvocato Bruno Laudi dello studio legale Piccinini di Bologna (che è anche quello di riferimento dell’Aser) ha dimostrato con prove e testimonianze di aver avuto con il Corriere di Bologna un unico rapporto di lavoro a partire dal 2007. “Agevole rilevare che considerando sussistente un rapporto di lavoro giornalistico di natura subordinata tutti i vari contratti di collaborazione autonoma sarebbero simulati rispetto ad un unico rapporto di lavoro giornalistico senza soluzione di continuità fino al 31\12\2016”, si legge nella sentenza.

Inoltre il giudice rileva che “la quotidianità del lavoro della ricorrente, confermato dalla produzione degli articoli (che come vedremo in seguito risulterà confermativa anche del lavoro domenicale) costituisce elemento che elimina qualsiasi dubbio in merito alla classificazione ex art. 1 CCNLG rispetto all’art. 2 del medesimo contratto che, riferendosi ai collaboratori fissi, pone come discrimine la carenza di quotidianità di questi ultimi”.

Si legge inoltre che “nel caso posto all’esame del giudice abbiamo una parte che per un decennio mette a disposizione la propria attività per il Corriere della Sera, edizione di Bologna, principalmente (ma non solo) per seguire gli eventi della locale squadra di calcio, divenendo un riferimento preciso, costante e qualificato per tale impegno, tanto da seguire la squadra anche nelle trasferte e persino nei ritiri all’estero, che frequenta la redazione del giornale per un certo periodo fino a quando non viene data indicazione specifica di non consentire più tale frequentazione (intuibile la finalità) come confermato” da diversi testi.

Per quest’ultimo motivo il giudice ritiene si sia configurato un licenziamento di tipo ritorsivo, perché la collega aveva avanzato le sue legittime richieste: “Ritiene questo Giudice che nella fattispecie sia ravvisabile l’ipotesi di licenziamento ritorsivo. Già nel 2013  la ricorrente, unitamente ad altri collaboratori del Corriere di Bologna, aveva scritto una missiva al C.d.R. per convincere l’azienda ad assumerli in tempo ragionevole senza alcun risultato. Il 19.10.2016 i legali della ricorrente presentano una richiesta esplicita di regolarizzazione contributiva e retributiva del rapporto di lavoro giornalistico, da considerare di natura subordinata. Anche tale missiva non ha alcun esito immediato ma, dopo la scadenza dell’ultimo contratto di collaborazione, la ricorrente non viene più chiamata dalla testata giornalistica per svolgere la propria attività e parte convenuta non fornisce alcuna spiegazione di tale comportamento che, alla luce della missiva di poco precedente richiamata, non può che leggersi quale licenziamento ritorsivo in considerazione della pregressa sussistenza di un rapporto di lavoro giornalistico di natura subordinata a tempo indeterminato. La mancanza di qualsiasi possibile chiave di lettura alternativa al comportamento aziendale esclude la sussistenza di concause, rendendo quella ritorsiva unica e, come tale, alla luce della più recente giurisprudenza in materia (Cass. n. 6575/2016), tale da determinare la nullità ex art. 18, primo comma, l. 300/1970 con le conseguenze relative alla tutela reale”.

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