“Il giornale è il mio amore”, 15 novembre la presentazione del libro su Bergamini del direttore Fnsi, Giancarlo Tartaglia. Evento di Associazione Malagodi e Aser a San Giovanni in Persiceto
BOLOGNA – Il suo nome è legato a una serie di innovazioni che di lì a breve avrebbe introdotto nel modo di fare giornalismo di inizio XX secolo: ideò la ‘Terza pagina’, per la quale decise di adottare il carattere tipografico ‘elzeviro’; introdusse l’uso delle illustrazioni e delle fotografie; pose al centro del giornalismo la ricerca e l’inseguimento costante delle notizie. Stiamo parlando di Alberto Bergamini: nato nel 1871, Bergamini iniziò neanche 20enne a coltivare la passione per il giornalismo che lo portò nel 1898 ad essere assunto all’ufficio di corrispondenza di Roma del Corriere della Sera, guidato da Michele Torraca, per poi decidere di fondare, nel 1901, il quotidiano romano ‘Il Giornale d’Italia’, di cui fu direttore.
La figura dello storico giornalista italiano è al centro del nuovo libro del direttore della Fnsi, Giancarlo Tartaglia, che venerdì 15 novembre alle ore 18:00 nei locali del Comune di San Giovanni in Persiceto (Corso Italia, 70) verrà presentato in un evento pubblico organizzato da Aser e Associazione culturale Olindo Malagodi a cui prenderanno parte, oltre all’autore, il presidente dell’Associazione stampa Emilia-Romagna (Aser) Matteo Naccari, la presidente dell’associazione Olindo Malagoti, Fulvia Sisti, il sindaco di San Giovanni in Persiceto Lorenzo Pellegatti, l’assessora alla cultura Maura Pagnoni e il direttore del Master in Giornalismo dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, il professor Fulvio Cammarano.
Nel volume dedicato ‘all’inventore del giornalismo moderno’, Giancarlo Tartaglia ripercorre la vita e la professione di colui che con «Albertini e Frassati è stato l’artefice e l’interprete di una stagione irripetibile della storia politico-giornalistica del nostro Paese».
L’avvento del fascismo e la salita al potere di Mussolini portarono Bergamini a lasciare la direzione del Giornale d’Italia e a vendere le quote della società editrice e, dopo aver subito un’aggressione mentre rientrava a casa, nel 1924 decise di lasciare Roma.
Oltre che giornalista e direttore ‘innovatore’ fu anche sindacalista e uomo politico. Lasciando la Capitale si dimise anche dalla presidenza della Federazione della Stampa (dove era stato eletto il primo ottobre 1923), che alla fine del 1926 fu sciolta per essere sostituita con il Sindacato nazionale fascista dei giornalisti.
Caduto il fascismo, Bergamini tornò a dirigere il Giornale d’Italia e fu eletto vicepresidente della ricostituita Federazione Nazionale della Stampa, di cui divenne presidente il 7 giugno 1944. Arrestato dai tedeschi, fu rinchiuso prima a Regina Coeli e poi nel carcere di San Gregorio al Celio, da dove riuscì ad evadere prima che fosse deportato in Germania.
Nel 1946 fu eletto all’Assemblea costituente e successivamente nominato senatore. Dal 30 aprile 1956 al gennaio 1962 fu di nuovo nominato presidente della Fnsi, carica che mantenne fino al gennaio del 1962, anno in cui morì.
«Alberto Bergamini – chiosa Giancarlo Tartaglia in un articolo apparso sul sito della Federazione nazionale della stampa – insieme a Luigi Albertini e Alfredo Frassati è stato l’artefice e l’interprete di una stagione irripetibile della storia politico-giornalistica del nostro Paese. Senza però nulla togliere ai meriti giornalistici e politici di Albertini e Frassati, a ben vedere è Bergamini una delle figure più significative del giornalismo italiano del primo ‘900».