Libertà di stampa da difendere ogni giorno. Anche di fronte al potere politico. A Conselice l’incontro di Osservatorio, Fnsi e Aser
I temi del lavoro giornalistico, reso sempre più difficile dalla riforma Cartabia, dalle continue di minacce di querele e dai reiterati tentativi di una certa politica di privare i cittadini del loro diritto ad essere informati, sono stati al centro dell’evento organizzato a Conselice (Ravenna) dall’Osservatorio sulla libertà di stampa, insieme a Fnsi, Aser e Comune, proprio per celebrare la Giornata Mondiale della libertà di stampa, istituita dalle Nazioni Unite nel 1993. Titolo dell’incontro: “Libertà di stampa sotto attacco. Tra bavagli e minacce, quando il potere politico vuole silenziare l’informazione”. E per Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica sotto scorta da quasi sei anni, per via delle minacce ricevute in seguito alle sue inchieste su gruppi neofascisti e neonazisti, nonché presidente dello stesso Osservatorio, si è trattato quasi di “un titolo imposto dalla cronaca degli ultimi tempi, visto che oggi in Italia chi fa informazione, soprattutto libera, dà sempre più fastidio. Tutti i governi che si sono susseguiti si sono spesso dimostrati allergici nei confronti del lavoro giornalistico -ha detto- ma quello attuale si sta distinguendo in tal senso in modo particolare, facendo emergere con forza dei segnali preoccupanti”. Non solo. “Secondo l’ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere -ha aggiunto Berizzi- l’Italia retrocede al 46esimo posto nell’indice sulla libertà di stampa nel mondo, appaiata all’Ungheria di Orban. Se continuerà a precipitare in questo modo, l’informazione nel nostro Paese non solo è destinata a soffrire sempre di più, ma fra un po’ comincerà anche a fare acqua, perché fra minacce, querele e salari, i giornalisti non avranno più alcun sostegno. Non dobbiamo girarci dall’altra parte, fermiamoci prima che sia troppo tardi”.
All’evento, moderato dal giornalista, scrittore e componente del direttivo Aser, Paolo Bonacini, sono intervenuti all’inizio anche la sindaca di Conselice, Paola Pula, e il presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, Silvestro Ramunno, il quale ha sottolineato: “C’è un legame fortissimo fra democrazia e libertà di stampa, sono le due facce della stessa medaglia”. Matteo Naccari, segretario aggiunto Fnsi, tracciando un bilancio dell’attività dell’Osservatorio ha invece ricordato come ogni volta “chi attacca la libertà di stampa resta sempre impunito e non rischia nulla, prendendosela prevalentemente con i precari, cioè i più deboli. E tutte le volte che registriamo episodi di violenza, la politica si indigna subito, ma poi il giorno dopo se ne dimentica”. Partendo da una riflessione del procuratore di Napoli Nicola Gratteri, fatta in occasione dell’ultima edizione del festival Dig di Modena, in merito a tutte quelle riforme che sono state approvate con una giustificazione ritenuta solo di facciata per la difesa di chi ha elementi adatti a farlo, pur essendo in realtà pensate per chi invece detiene il potere (ad esempio la presunzione di innocenza) Paolo Maria Amdasi, presidente dell’Aser, ha poi spiegato: “Sappiamo che la nostra categoria ha dei diritti e dei doveri, ma il diritto di scegliere se un fatto sia una notizia oppure no spetta ai giornalisti. Non può essere un tribunale o un giudice a farlo. È importante continuare con incontri di questo genere -ha quindi aggiunto- perchè nessuno possa rimproverarci di non aver fatto nulla mentre ci sottraevano diritti”.
A seguire, i giornalisti de Il Resto del Carlino, Nicola Bianchi e Chiara Caravelli (collaboratrice), hanno riportato le loro esperienze personali sul campo della cronaca nera e giudiziaria, fra ostacoli normativi e vere e proprie aggressioni. Per il primo, sono ormai “i procuratori a decidere cosa è notizia e cosa no, mandando comunicati sempre più brevi e sempre con meno informazioni, prendendoci letteralmente in giro e costringendoci a vendere al lettore delle schifezze. La categoria dovrebbe probabilmente fare anche dei mea culpa -ha detto- ma serve intervenire in qualche modo per fermare tutto questo”. Caravelli, dal canto suo, ha ricordato invece un recente episodio che l’ha vista protagonista, a Bologna, dove davanti al tribunale, in attesa della decisione del gip sulla carcerazione di un attivista di alcuni collettivi, da settimane in presidio per la difesa di un parco nel quale è previsto il cantiere di una nuova scuola, è stata accerchiata e insultata ripetutamente da una trentina di manifestanti. “E tutto perchè non condividevano il contenuto di un articolo pubblicato poco prima dal sito della testata” ha spiegato la giovane cronista.
A prendere la parola sono poi state tre rappresentanti dei comitati per la liberazione di Julian Assange (“Chiediamo la scarcerazione di un vostro collega libero, coraggioso e indipendente” hanno detto) e Francesco Maria Caruso, giudice di numerosi processi importanti celebrati in regione, come quello per la strage alla stazione di Bologna o il processo Aemilia, sulle infiltrazioni mafiose nel nord Italia. “Nonostante tutto viviamo in una società che garantisce la massima espressione di libertà di pensiero, anche se la nostra è una democrazia costituzionale che, come tutte le altre uguali, esprime dei diritti fondamentali che tra loro talvolta si scontrano, portando alla necessità di trovare di volta in volta dei limiti -ha spiegato-. Il punto sta proprio in questo bilanciamento: la legge è protezione, implementazione e garanzia della libertà di stampa, ma è anche limite, confine e strumento che va limitato quando ne mina un’altra, ad esempio la presunzione di innocenza o il diritto all’oblio o alla riservatezza”. Caruso ha poi ammesso che “in questo momento c’è un fortissimo condizionamento dell’attività giornalistica, qualcosa sta evidentemente succedendo e cioè che un certo orientamento politico e culturale sta cercando di influenzare la magistratura”.
Chiusura affidata ad Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi: “Non dobbiamo consentire che la libertà di stampa sia ogni quotidianamente al centro del dibattito perchè dev’essere difesa. Si tratta di una condizione acquisita, così come la democrazia. Mentre in Europa si approva il Media Freedom Act, nel nostro Paese l’informazione rischia l’orbanizzazione, stretta come si ritrova tra gli effetti della riforma Cartabia, l’eterna tentazione di prevedere la pena del carcere per i cronisti, la situazione della governance Rai, il conflitto di interessi, le ingerenze della politica”, ha rimarcato, ricordando il caso Scurati, la situazione dei colleghi del quotidiano Domani, il tema delle querele bavaglio, “in un contesto in cui – ha incalzato – la crisi dell’editoria ha ormai reso il giornalismo un lavoro povero. Senza contare, ad esempio, che anche il rapporto di Rsf, che colloca l’Italia al 46° posto dell’Index 2024, accende i riflettori sulla vicenda della vendita dell’agenza Agi”.
: si continua a guardare alla pagliuzza e non alla trave, tutto ciò è vergognoso, non è normale.
“La cosa che mi spaventa di più del momento che stiamo vivendo è il conformismo – ha concluso, con un pensiero rivolto agli oltre cento giornalisti palestinesi uccisi dall’inizio del conflitto a Gaza-. Sulla base del conformismo cent’anni fa ci siamo ritrovati il fascismo, quando i giornali non potevano dare le notizie per non trasmettere insicurezza agli italiani. Oggi non siamo a quel livello di conformismo, ma è comunque importante ribadire che la democrazia va difesa, che la libertà di stampa va difesa ogni giorno”