Minacce alla redazione della Gazzetta di Reggio: condannato
“Dovete togliere quell’articolo dal vostro sito altrimenti dove non arrivo con le denunce arrivo con le mani”. Queste e altre minacce sono approdate dopo sei anni in un’ aula di tribunale a Reggio Emilia e sono costate una condanna a sei mesi e venti giorni ad Alfonso Mendicino, 47 anni, artigiano edile.
Quest’ultimo il 20 gennaio 2017 telefonò alla Gazzetta di Reggio per far rimuovere la cronaca del suo arresto, effettuato dai carabinieri, che lo avevano sopreso a guidare con la patente del cugino anche quando era sottoposto al regime di sorveglianza speciale. Mendicino peraltro sta scontando una condanna a sei anni e otto mesi per il concorso in un’estorsione aggravata dal metodo mafioso.
“La frase pronunciata dall’imputato – è scritto nella motivazione della sentenza – riveste di per sé un’effettiva valenza minacciosa che viene ancor più aumentata in considerazione dello specifico contesto in cui era esternata” . Il ragionamento del magistrato era lineare, visto che l’artigiano era imputato nel processo Aemilia, che ha portato alla sbarra la ndrangheta insediata a Reggio Emilia. In quella telefonata al giornale peraltro le minacce riguardarono l’intera redazione e per questo il direttore dell’epoca Stefano Scansani decise di denunciare l’accaduto, anche grazie alla puntuale registrazione effettuata dal collega Evaristo Sparvieri che rispose alla telefonata. Entrambi hanno reso la loro testimonianza in udienza a cui si sono affiancati il direttore di Reggonline, Davide Bianchini che aveva ricevuto una telefonata simile da Mendicino; quest’ultimo peraltro da tempo metteva sulla pagina Fb video con epiteti ingiuriosi nei confronti della cittadinanza reggiana.
Mendicino peraltro è stato condannato a pagare una provvisionale alle parti civili: 5.000 euro al collega Sparvieri e 6.500 al direttore Scansani. Immediato l’annuncio dell’avvocato difensore di presentare appello.
“E’ una sentenza importante – commenta il collega Sparvieri – anche se siamo ancora in primo grado. Stabilisce un concetto semplice ma spesso dimenticato: i giornalisti non possono essere minacciati, neanche telefonicamente. È importante ricordarlo soprattutto in una fase come questa, in cui il nostro ruolo è sempre più spesso svilito e bistrattato, diventando talvolta oggetto di inutili e dannose strumentalizzazioni. Per esperienza posso dire che ci sono tanti colleghi anche nelle redazioni locali come la nostra che lavorano con scrupolo e passione, con il solo scopo di informare le proprie comunità di lettori, spesso rischiando molto di persona, senza tutele o sottopagati”.