“Molte aquile ho visto in volo – Vite straordinarie di piloti”, libro di Filippo Nassetti con prefazione di Gabriele Romagnoli
C’è tanta Emilia-Romagna nel libro di Filippo Nassetti “Molte aquile ho visto in volo – Vite straordinarie di piloti” (Baldini Castoldi). Qui di seguito potete leggere la presentazione dello stesso autore e, in coda, la prefazione a firma del giornalista bolognese Gabriele Romagnoli.
“Molte aquile ho visto in volo – Vite straordinarie di piloti” (Baldini Castoldi) parla appunto di storie di piloti. La storia principale è quella di mio fratello Alberto, che racconto da testimone diretto, che ha visto crescere nel fratello maggiore la vocazione al volo. L’incipit, come ti dicevo, del libro è la lettera che scrisse a nostro padre, quando abitavamo a Ozzano Emilia, per scusarsi se non seguiva sue orme nell’informatica (lui lavorava all’Ibm di Bologna) ma la sua ferma volontà era di andare al Baracca di Forlì. Qui apprese i primi rudimenti del volo, i primi battiti d’ala. Nel libro racconto anche di alcune giornate di “cultura aeronautica” che trascorse a Cervia aderendo a una iniziativa dell’Aeronautica militare.
La storia poi prosegue a Roma dove, qualche anno più tardi, per ragioni di lavoro di mio padre, ci trasferimmo. Racconto quindi le selezioni per entrare all’Alitalia, dove Alberto terminò al primo posto del suo corso diventando a 23 anni uno dei più giovani piloti della compagnia. Ma descrivo anche la paura di perdere il proprio sogno quando, meno di due anni più tardi, gli fu diagnosticato un tumore al cervello. Il coraggio e il senso di protezione che adottò verso i nostri genitori e noi fratelli nascondendoci la verità (disse che aveva un banale ematoma, quando andò sotto i ferri, senza sapere come ne sarebbe uscito). Poi, la rincorsa unica e inedita del ritorno in cabina di pilotaggio, poiché all’epoca (1991) non c’era nessun precedente al mondo di un pilota che tornava ai comandi di un aereo dopo una operazione al cervello. Affrontò mille esami, un consulto tra tre primari a Chicago, uno specialista a Miami già collaboratore della Nasa, di lui si parlò anche in un convegno a Toronto. Alla fine la sua tenacia fu premiata e tornò abile. Ed era proprio un premio quello che gli fece il presidente del sindacato che accolse la sua richiesta di andare a Tolosa a vedere un nuovo modello di aereo che Alitalia era intenzionata ad acquistare (e su cui i piloti volevano esprimere un parere). Avrebbe dovuto andarci il presidente del sindacato, ma fu felice di delegare quel giovane (27 anni) pilota dalla storia professionale così particolare. Le cose non andarono come da programma e su un volo di collaudo, dove era solo un passeggero, morì il 30 giugno 1994.
Nel testo la storia di Alberto la racconto con il “controcanto” di quella di Pier Francesco, un giovane pilota di Ryanair, figlio di Pier Paolo Racchetti, altro pilota Alitalia che era a bordo di quello sfortunato volo (le vittime in tutto furono 7). Pier Francesco non ha mai conosciuto il padre essendo nato un mese dopo l’incidente. Le due storie le racconto con uno scorrimento cronologico inverso, Alberto dall’adolescenza a uomo, Pier Francesco a ritroso, così alla fine le due vicende finiscono per toccarsi, dove una finisce, una inizia. Curiosamente anche per Pier Francesco l’iniziazione al volo è avvenuta a Forlì, dove frequentò – dopo la maturità – una scuola di volo.
Completano il libro le storie di altri 5 piloti, che “puntellano” quella di mio fratello. Marco Conte, pilota con la passione dell’Africa che trascorre le sue vacanze nel Mali a costruire pozzi d’acqua potabile per i villaggi locali; Dino Iuorio, pilota che nel tempo libero fa soccorso alpino calandosi dall’elicottero per prestare assistenza a alpinisti in difficoltà; Tullio Picciolini, pilota navigatore che ha provato il record del mondo di traversata dell’Oceano Atlantico con catamarano di sei metri; Antonino Vivona, ex Frecce Tricolori presente a Ramstein, che racconta come è tornato a volare dopo una simile tragedia e Francesco Miele, pilota che per un incidente in moto ha avuto amputata una gamba ma con determinazione è tornato a volare, primo caso in Europa.
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PREFAZIONE
Staccare l’ombra da terra
di Gabriele Romagnoli
Vi sarà capitato di chiedervi: chi c’è dietro quella porta? La porta è quella della cabina di pilotaggio e voi siete seduti nell’aereo, sospesi in cielo, affidati alle mani di chi sta ai comandi. Non lo vedete, forse lo avete scorto mentre passava i controlli dedicati, insieme con il resto dell’equipaggio, divisa stirata, cappello, valigetta di pelle. Ne avete sentito la voce, rassicurante, al decollo, poi più niente. Vi siete affidati a lui come al chirurgo che compie su di voi una complessa operazione, impossibile da spiegare e da comprendere.
Ogni giorno migliaia di aerei volano e migliaia di uomini li manovrano. Tra loro ci sono potenziali eroi, pignoli e creativi, innamorati e cinici, capitani prudenti e temerari. La cronaca ne parla quando succede qualcosa di eccezionale: un atterraggio di fortuna (magari sulle acque di un fiume), un salvataggio spericolato o, al contrario, un errore umano, troppo umano, e uno schianto. Ma le loro storie precedono quell’attimo fatale. Questa raccolta socchiude la porta della cabina e vi lascia intravedere gli uomini che stanno dentro. Dopodiché, volare non sarà più la stessa cosa.
La motivazione principale che spinge Filippo Nassetti a questo “volo” è il ricordo di suo fratello Alberto, pilota tragicamente deceduto in giovane età, il cui nome vi potrebbe esser capitato di leggere sulla carlinga di un aereo.
La sua figura e la sua vicenda fanno da filo conduttore alla collana di storie che unisce altri piloti e svela i loro lati non oscuri, ma meno conoscibili.
La passione irresistibile di Alberto è la miccia che ne innesca di altrettanto totalizzanti. La scelta è precoce, il rischio evidente, la soddisfazione irrinunciabile. Per volare Alberto rinuncia a un destino più facile, per continuare a farlo lo volgerà in dramma. Cosa motiva un pilota? Filippo Nassetti cerca la risposta meno scontata, atterrando i suoi personaggi. Proprio raccontandoci altro di loro ci fa capire perché “staccano l’ombra da terra”.