Nella sua Ferrara, l’addio a Marco Gardenghi. Presenti il Direttivo Aser e i vertici nazionali del sindacato

Si sono svolti venerdí 16 dicembre 2023 nell’aula del commiato del cimitero monumentale della Certosa di Ferrara, i funerali di Marco Gardenghi, 69 anni, giornalista del Carlino in pensione, già presidente di Aser per due mandati, componente della giunta Fnsi per lungo tempo, fiduciario Inpgi e referente nell’organizzazione di tre congressi nazionali della Fnsi.  Attualmente era presidente regionale del sindacato dei giornalisti pensionati, Ungp.

Volentieri pubblichiamo il ricordo scritto da Silvia Giatti.

 

Se n’è andato in silenzio. Come faceva lui. Perché usava proprio il silenzio per fare le cose, dopo aver tuonato al telefono con chi era in crisi per un posto di lavoro.

Marco Gardenghi, 69 anni, giornalista ma soprattutto il ‘sindacalista ferrarese’ al servizio di tutti i giornalisti in difficoltà ci ha lasciato dopo una malattia. E che lui fosse un ‘pilastro’ della lotta sindacale per una stampa migliore lo si è visto ancora una volta venerdì quando, nell’aula del commiato del cimitero monumentale della Certosa di Ferrara, davanti a sua moglie Vita e alla figlia Elisabetta, sono arrivati in tanti, e da tutto lo Stivale, a dargli l’ultimo saluto.

Il primo è stato un suo ‘allievo’ del sindacato e “grande amico”: Matteo Naccari, oggi componente della segreteria generale della Fnsi  (Federazione della stampa italiana).

Matteo, già presidente di Aser, lo ha voluto ricordare sottolineando che il suo discorso non sarebbe stato intriso di retorica perché “Marco non amava la retorica”.

Ed è vero. Marco non amava la retorica perché era molto di più un uomo “del fare”.  Che usava perseguire il giusto e aiutare  chi era in difficoltà sul lavoro. E solo chi non lo capiva fino in fondo  correva il rischio di vederlo come il ‘sindacalista rompiscatole’.

Marco invece era il sindacalista generoso. Che usava il bastone quando ci voleva, ma si interessava sempre di chi era in difficoltà. Mai una chiamata al telefono mancata e mai un appuntamento rifiutato.  Un uomo dal carattere burbero, ma di grande generosità. E la generosità a un sindacalista non deve mai mancare se vuole veramente aiutare chi è in difficoltà.

E durante l’ultimo saluto a “Maga” (chi lo conosceva da tanti anni lo chiamava così con l’acronimo che nasceva dalle iniziali del suo nome e cognome, ndr) la sua generosità è emersa tutta. Persino da un amico, il notaio Alessandro Mistri, che lo conobbe tanti anni fa quando Marco Gardenghi conosceva la professione in una delle prime radio libere che anche a Ferrara stavano nascendo.

“Ricevette un lascito economico che fino all’ultimo non seppe se accettare o meno – ha detto Mistri rivolgendosi ai presenti –. Alla fine lo accettò, ma una parte di quei soldi li donò al nostro gruppo musicale affinché portassimo qui artisti jazz di grosso calibro”.

E di solito chi ama la bella musica è perché ha tanta sensibilità.  E per fare quello che ha fatto Marco Gardenghi ci vuole tanta sensibilità e predisposizione ad ascoltare i bisogni degli altri.

Lo conobbi meglio, dopo averlo incrociato al Carlino Ferrara nelle mie prime esperienze giornalistiche, nel 2000, in Polesine e dopo che mi alzai, grazie anche a lui, dalle ceneri del fallimento di un quotidiano locale.

E fu proprio durante quella esperienza che venni a sapere che era un grande appassionato di rugby. Me lo disse il presidente di allora della Camera di commercio di Rovigo.  Fu un giorno, durante una pausa caffè, al Bar Borsa di Piazza Garibaldi. Venne fuori il nome di Marco e quel presidente, ricordando un giovane e raffinato cronista di sport del Carlino, mi disse: “Non ho più conosciuto nessuno che scrivesse di rugby come lui”.

Sport e lotta sindacale. Musica e guerra alle ingiustizie. Questa era la dicotomia di Maga. Che hanno ricordato tutti i colleghi che da Nord a Sud dell’Italia hanno avuto modo di conoscerlo durante la sua attività sindacale. Come la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante. Ma lo sono venuti a salutare anche l’ex segretario nazionale di Fnsi Raffaele Lorusso e i referenti dei sindacati del Trentino (Rocco Cerone) e del Veneto (Monica Andolfatto), ma anche rappresentanti dal Piemonte (Luis Cabases) e dall’Umbria (Marta Cicci e Marco Baruffi).

Mi rivolsi a lui quando, iniziata l’esperienza  da telereporter per la tv locale della mia città, mi resi conto che il contratto giornalistico della mia categoria, a quei tempi, aveva ‘quasi niente’ di diritti.

Io non so, e non ho nemmeno la pretesa di pensare se Marco, ascoltando i miei frequenti ‘lamenti’ sulla mancanza di diritti  di quel contratto (spesso facevo i confronti con altri contratti che avevo sottoscritto, specie nella carta stampata) si è impegnato nel settore, diventando anche referente nella Fnsi della emittenza locale. Quel che è certo è che un bel giorno, dopo numerose telefonate, seguite da tanti suoi silenzi, quel contratto (era l’Aeranti – Corallo) all’ennesimo tavolo  di contrattazione fu rinnovato grazie a lui e noi telereporter di una parte dell’emittenza televisiva locale avemmo la nostra rivincita. “Non si era fatto sentire perché aveva lavorato sodo” ho pensato qualche giorno fa, dopo la notizia della sua scomparsa. E mi sono resa conto che non gli ho mai detto grazie. Ma fa lo stesso. Perché sono sicura che lui faceva le cose perché ci credeva e non per avere visibilità.

All’ultimo saluto per Marco Gardenghi c’erano anche tanti colleghi ed ex del suo giornale “il Resto del Carlino”. Poi colleghi della Nuova Ferrara, della Rai e diversi giornalisti di alcuni uffici stampa di enti pubblici ferraresi e praticamente tutto il direttivo di Aser, guidato dal presidente Paolo Maria Amadasi, con a fianco le vice Barbara Musiani e Dora Carapellese, il segretario Paolo Bonacini e Lucia Martino e Monica Flamminio della segreteria.

A Marco Gardenghi, comunque, un grazie lo dico ora. Mentre il sindacato fa i conti con la perdita di una colonna portante della lotta che si deve fare per salvaguardare i diritti della categoria.  Mai come in questo periodo ci sarebbe stato tanto bisogno di lui e della sua competenza.

Silvia Giatti

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