Giornalisti in piazza a Bologna, Aser e Fnsi: «Il tempo sta scadendo, il governo ci ascolti»
Qui di seguito, il link con le manifestazioni del 1 giugno 2021 della Federazione nazionale della Stampa e delle Associazioni regionali di Stampa per un patto per il futuro dell’informazione, con manifestazioni davanti alle prefetture di tutta Italia
Qui di seguito, il prequel delle manifestazioni nazionali a Bologna, il 29 maggio.
BOLOGNA – Lavoro senza contratto, mancanza di equo compenso per i collaboratori, la grande crisi dell’Inpgi. In tutto questo, la pandemia da un lato ha fatto calare il lavoro dei precari, che dunque sono sempre più precari, e dall’altro ha visto crescere le minacce ai cronisti, tra un comizio “no mask” e l’altro. Oggi, 29 maggio, un presidio a Bologna, prima tappa della mobilitazione che il primo giugno porterà in piazza i giornalisti italiani, ha provato a “risvegliare le coscienze” di addetti ai lavori e cittadini.
«Il tempo sta scadendo», il ritornello al sit-in. Il presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti, si è rivolto direttamente al premier Mario Draghi: «Siamo qui per dire al presidente del Consiglio, che ha confezionato un piano di ricostruzione per il Paese, che bisogna ricostruire anche il sistema mediatico italiano. Ci sono – ha ricordato – migliaia di croniste e cronisti che attendono dal 2012 l’applicazione della legge sull’equo compenso».
Tra striscioni e volantini, ai piedi di palazzo d’Accursio, in piazza Maggiore, con l’Associazione Stampa dell’Emilia Romagna c’erano anche Ordine regionale dei giornalisti e alcuni parlamentari.
«Vogliamo dare un messaggio preciso, di vicinanza ai giornalisti precari minacciati nel loro lavoro, di tutela legale e difesa davanti ai cittadini. Abbiamo chiesto alla politica di ascoltarci e aiutarci, perché i politici non possono chiamarci solo quando hanno bisogno di finire sui giornali o in tv», ha scandito il presidente dell’Aser Matteo Naccari.
Accanto a lui i giornalisti Maria Elena Gottarelli, aggredita nei mesi scorsi durante un presidio “no mask”, e Valerio Lo Muzio, anche lui minacciato per il suo lavoro durante i medi del lockdown.
«Questo è il momento in cui c’è bisogno di loro e speriamo che anche i cittadini capiscano i nostri problemi», ha proseguito Naccari. D’accordo Lo Muzio, preoccupato anche per «il precariato crescente nel nostro settore, che va di pari passo con la crisi pandemica».
Giovanni Rossi, presidente del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, ha avvisato preoccupato sul nodo Inpgi: «Bisogna salvaguardare il sistema previdenziale dell’informazione e occorre farlo rapidamente perché i tempi sono strettissimi. Entro il 30 giugno si deve decidere cosa fare dell’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. E serve anche l’equo compenso per i giornalisti privi di un rapporto di lavoro dipendente. La legge c’è già – incalza Rossi – si tratta di applicarla».
Aggiunge Giulietti: «Equo compenso significa dare tutele e non abbandonare gente che prende 6, 7 o 8 euro, talvolta pure in nero, e che magari fa servizi su mafia e camorra. In Emilia Romagna, per fortuna, è stato organizzato un coordinamento di questi colleghi, una rappresentanza c’è».
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A questo link il servizio di E’Tv https://e-tv.it/2021/05/29/i-giornalisti-in-protesta-questa-mattina-in-piazza-maggiore-noi-spesso-minacciati-e-insultati/
A questo link il servizio di Bologna in Diretta https://www.bolognaindiretta.it/giornalisti-la-protesta-bologna-presidio-piazza-maggiore-video/
Qui di seguito, il comunicato che ha annunciato l'iniziativa di sabato 29 Maggio.
BOLOGNA – Sabato 29 maggio alle 11 i giornalisti dell’Emilia Romagna saranno in piazza Maggiore per protestare contro le ingiustizie che penalizzano la categoria. Ospiti della manifestazione il presidente della Federazione nazionale della Stampa, Beppe Giulietti, e alcuni giornalisti, precari, che durante lo svolgimento del proprio lavoro sono stati insultati o minacciati.
“Le grandi aziende digitali hanno prosperato per anni copiando e pubblicando gratuitamente i contenuti dei quotidiani, delle tv e delle radio italiane, senza pagare tasse, sottraendo risorse allo Stato e massacrando un settore fondamentale per la democrazia”, si legge nella nota stampa inviata dall’Assostampa Emilia-Romagna. Il risultato è stato che non ci sono mai state tante informazioni, notizie e contenuti giornalistici disponibili come oggi, mentre coloro che le producono sono stati licenziati, esodati, cassintegrati, sottopagati e costretti al prepensionamento, smontando una alla volta le garanzie contrattuali del giornalismo.
Oggi molte notizie sono scritte e diffuse grazie al lavoro di migliaia di collaboratori che reclamano il diritto all’equo compenso e che invece vengono pagati 2 o 3 euro per pezzi che richiedono ore di lavoro. Meno di qualsiasi lavoratore della gig economy. L’Inpgi, la cassa di previdenza dei giornalisti ha i conti in profondo rosso, non perché sia stata mal gestita ma perché i governi che si sono succeduti negli anni hanno preferito scaricare per legge sull’istituto i costi delle ristrutturazioni aziendali. Hanno tolto ai poveri, cioè ai lavoratori dipendenti e alla loro cassa previdenziale, per dare ai ricchi, cioè per permettere agli editori di continuare a macinare profitti a spese degli altri.
La politica troppo spesso è stata dannosa e assente nei confronti del giornalismo, nella malcelata convinzione che un mondo senza redazioni faciliti la comunicazione dei media manager dei partiti. Non è così, perché un cinguettio tra centomila non verrà notato e ascoltato da nessuno, ma l’illusione di vivere meglio senza cronisti che fanno domande è forte tra i ciechi e sordi che popolano le istituzioni. Difendere le redazioni non vuol dire difendere una corporazione. Vuol dire difendere la libertà di espressione, il pluralismo dell’informazione, la possibilità dei cittadini di non dipendere solo dalle veline dei palazzi o delle aziende. Vuol dire difendere la democrazia imperfetta che abbiamo e che però è molto meglio della democrazia dell’ignoranza. Difendere l’Inpgi non vuol dire difendere i privilegi. Vuol dire difendere una cassa previdenziale che, unica tra quelle private, negli ultimi dieci anni ha pagato con 500 milioni di euro, versati dai suoi iscritti, cassintegrazioni, solidarietà e prepensionamenti che hanno avvantaggiato, per legge, solo gli editori. Con il paradosso che lo stesso ministero del Lavoro che approva piani di ristrutturazione a spese dell’Inpgi, impiombandone i bilanci, chiede all’Inpgi di tagliare le prestazioni agli iscritti per far tornare i conti.
Anche per portare all’attenzione dei cittadini questa situazione, l’Associazione stampa Emilia Romagna sarà in piazza sabato e ha invitato i parlamentari locali, oltre ai candidati alle primarie per la corsa a sindaco a Bologna, perché conoscano la situazione che vivono centinaia di giornalisti anche in questa regione.
Associazione stampa Emilia Romagna