Lavorare dopo la pensione? Attenzione ai redditi cumulabili

«In questi casi – dice – c’è un tetto massimo al reddito cumulabile: nel caso di lavoro autonomo, per esempio, si può lavorare fino a 5 mila euro lordi l’anno di redditi ‘occasionali’ e bisogna stare attenti perché l’Inps, se non si rispetta la regola, può anche revocare la pensione. Tetto che non c’è più una volta compiuti i 67 anni d’età. Per chi va invece in pensione di vecchiaia o in pensione anticipata, ovvero con 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e dieci mesi per le donne, non c’è alcun tetto».
In generale, tuttavia, si potrebbe porre un tema fiscale. «Se hai una pensione di 50 mila euro l’anno e ne guadagni altri 30 mila, su questi ultimi dovrai versare al Fisco il 43 per cento di Irpef, l’imposta sulle persone fisiche, più l’aliquota regionale e comunale Irpef, più i contributi previdenziali. In pratica quei 30 mila euro si riducono circa della metà. C’è poi una questione sociale – aggiunge Rho – perché al di là di alcuni casi per i quali esiste uno specifico interesse collettivo a che il pensionato continui a lavorare, che sia un medico di grande esperienza o un direttore di giornale particolarmente illuminato, restare al proprio posto oltre l’età pensionabile significa portare via il lavoro a un giovane».
In ogni caso i contributi versati dal pensionato-lavoratore, passati almeno cinque anni dalla decorrenza della pensione, possono andare a creare un supplemento di pensione che va a integrare l’assegno mensile. «È molto importante che il pensionato, una volta finito di lavorare, chieda all’Inps il ricalcolo della pensione per avere il supplemento», avverte il giornalista. «Sappiate che non c’è un automatismo su questo e se non si fa la domanda, l’aumento che ci spetta non arriverà mai. Come farla? Attraverso i patronati, quelli che di solito chiamiamo Caf, e che offrono un servizio gratuito di assistenza».
Chi ha maturato il diritto ad andare in pensione ma non ha voglia di fare il pensionato, può rinviare l’uscita dall’azienda e prendere uno stipendio più alto. Spiega ancora Rho: «È possibile grazie al cosiddetto bonus Maroni, che consente di trasformare in bonus per il dipendente i contributi Inps a suo carico, pari al 9,19 per cento e che possono andare in busta paga una volta che si è raggiunto il traguardo pensionistico».
C’è poi un’altra opzione a disposizione di lavoratrici e lavoratori che abbiano raggiunti i requisiti per la pensione, ovvero 67 anni di età e 20 di anzianità retributiva. «Al raggiungimento dei 67 anni le aziende possono interrompere il rapporto di lavoro ma non sono costrette. Se c’è un accordo tra lavoratore e aziende, infatti, si può andare avanti fino a 70 anni e oltre», conclude l’esperto.
Nella foto: la sede Inps di Roma – Polo Flaminio