Inpgi, lettera del Consigliere generale Marco Girella ai giornalisti dell’Emilia-Romagna

DI MARCO GIRELLA, Consigliere Generale INPGI

 

Ai giornalisti dell’Emilia Romagna

Care colleghe, cari colleghi,

 

vi scrivo in veste di consigliere generale dell’Inpgi per l’Emilia Romagna. Come saprete, sono in corso incontri tra i rappresentanti dell’Inpgi e della Fnsi  e quelli del governo sulle misure da prendere per garantire un futuro al nostro istituto di previdenza.

Al momento attuale nella Finanziaria è stato approvato un emendamento che sposta l’eventuale commissariamento dell’Inpgi al 30 giugno 2021, concede sgravi contributivi all’istituto e sposta l’onere degli ammortizzatori sociali dall’Inpgi all’Inps per il solo 2021.

E’ chiaro che si tratta di misure tampone, che valgono poche decine di milioni di fronte a una previsione di deficit annuale dell’Inpgi di circa 230 milioni di euro per il 2021.

Tuttavia il governo si è impegnato a tenere una serie di incontri con i rappresentanti dell’Inpgi e della Fnsi durante i prossimi sei mesi,  nei quali affrontare i nodi ancora irrisolti.

Il governo si sarebbe anche impegnato a risolvere il problema dei crediti che l’Inpgi vanta nei confronti dell’Inps, 40 milioni circa. Tuttavia, se questa cifra venisse effettivamente versata nelle casse dell’Inpgi, ne avremmo un vantaggio sotto il profilo della liquidità disponibile (che serve a pagare le prestazioni, quindi ben venga) ma non ai fini del bilancio, dove questo credito è già contabilizzato (quindi non incide sulla previsione del deficit annuale).

Il governo, nella persona del sottosegretario all’Editoria Martella, ha detto esplicitamente che la cosiddetta garanzia pubblica sull’Inpgi (cioè lo Stato che ripiana le perdite dell’istituto) è una soluzione impossibile da adottare a legislazione vigente e che nessuna forza politica intende proporla, con buona pace dei colleghi che continuano a indicarla come la soluzione di tutti i mali e raccolgono firme per un provvedimento che non arriverà mai.

Le possibilità che abbiamo davanti sono solamente due: o l’istituto e la politica trovano il modo di garantire l’autonomia dell’Inpgi oppure si confluisce nell’Inps, previo commissariamento.

In una prima riunione il governo aveva avanzato richieste inaccettabili al consiglio d’amministrazione dell’Inpgi, invitandolo a considerare la fusione dei bilanci di Inpgi 1 e 2, nuove restrizioni sulle pensioni di anzianità, il taglio dei costi di gestione dell’Inpgi, un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni in essere, il ricalcolo retroattivo delle pensioni con il contributivo a partire dal 2007 per chi non ha ancora maturato i requisiti.

Se non fosse che sono state portate a un tavolo ufficiale (e ritirate in quello successivo) queste richieste si potrebbero senza problemi definire demenziali. Ci sono seri dubbi di costituzionalità su molti di questi punti, seri dubbi di opportunità su altri, seri dubbi di fattibilità su quasi tutti.

Ma la cosa fondamentale è questa: il disavanzo sempre maggiore dell’Inpgi è dovuto alla differenza tra pensioni pagate e contributi in entrata. I pensionati sono sempre di più, gli articoli 1 sempre di meno e pagati sempre peggio, con contributi sempre più bassi. In una situazione del genere non c’è architettura finanziaria che tenga. O aumenta la base contributiva, comprendendo anche i cosiddetti comunicatori, come la categoria chiede da anni, oppure l’Inpgi sarà costretto a confluire nell’Inps.

Aumentare la base contributiva non è semplice per una ragione soprattutto politica. Al governo c’è un partito che ritiene i giornalisti una casta che va punita per i suoi privilegi. Anche tutte le altre forze politiche non si distinguono per particolare predisposizione nei nostri confronti, visto che in passato hanno elargito soldi agli editori sotto forma di legge 416 sui prepensionamenti e scaricato costi sull’Inpgi, chiedendo contemporaneamente all’istituto di migliorare i suoi bilanci.

Tuttavia, all’ultimo tavolo tra Inpgi e ministeri è stato detto che la soluzione va trovata in un percorso integrato. Traduzione dal politichese: qualcosa deve fare l’Inpgi e qualcosa deve fare la politica. E’ chiaro che nel mezzo ci stanno le soluzioni condivisibili, ma non le richieste inaccettabili. Trovare il punto d’equilibrio sarà la sfida dei prossimi mesi. Così come deve essere chiaro che qualsiasi provvedimento finanziario  l’Inpgi proporrà, non può essere una concessione unilaterale, ma dovrà trovare il contrappeso di una scelta politica in favore dell’istituto.  I tagli in cambio di niente, che pure qualche corrente sindacale vagheggia come segno di buona volontà, non sono mai stati un’idea utile a migliorare le cose. Offrire al governo di turno qualcosa in cambio di niente sarebbe del tutto controproducente per la salute dell’Inpgi.

Bisogna anche considerare che alla diffusa cecità politica si aggiunge la resistenza degli apparati burocratici e dell’Inps, che non vogliono prendersi la responsabilità di spostare contributi da una previdenza a un’altra, cioè nel nostro caso, dall’Inps all’Inpgi.

In una situazione del genere il rischio è che l’Inpgi finisca dentro l’Inps quasi per inerzia, con il risultato di veder peggiorare pesantemente tutte le prestazioni per la categoria, dalle pensioni agli ammortizzatori sociali.

 

Per impedirlo diventano fondamentali la consapevolezza dei colleghi e la capacità di mobilitarsi. Che vuol dire, soprattutto, far sentire la propria voce in modo chiaro, in tutti i tavoli e fuori dai tavoli, nelle redazioni, in tv, sul web, in ogni occasione pubblica che riusciamo a creare. Non è solo un compito del cda o del consiglio generale dell’Inpgi ma di tutti gli iscritti, del sindacato, di ogni giornalista che versa e ha versato fior di contributi nel corso della sua carriera e non vuole vederli sparire. Personalmente, cercherò di organizzare un momento pubblico sul tema che veda insieme Inpgi, Fnsi e Ordine nella difesa del nostro istituto di previdenza.  Un format che, possibilmente, sarebbe meglio ripetere in ogni regione. Grazie per l’attenzione. Un saluto,

 

Marco Girella

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